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Il vero Oceano di Cohen in “A Thousand Kisses Deep”

Fotografia di Filippo Ilderico

Nel settembre del ‘34 , nel quartiere di Westmount, in una delle più gradi città del Québec, nasceva colui che sarebbe diventato un poeta e cantautore di riferimento per ogni generazione di artisti a venire: Leonard Cohen. Il suo testamento musicale, vasto e illuminante, contiene il brano A Thousand kisses deep, una meditazione profonda sulla vita.

L’opera musicale di Leonard Cohen (Montréal, 1934) – cantautore, scrittore e reader appassionato – è intrisa di tracce di eccelsa raffinatezza intellettuale, caratterizzate da testi ben meditati che irrompono sulla scena con la sua voce inconfondibile, profonda e calda, ironica e seducente, invitando l’ascoltatore ad un alto livello di attenzione dal quale è difficile sottrarsi.

Già dal suo album di esordio, Songs of Leonard Cohen (1967) sono chiare le caratteristiche della sua poetica. L’autore canadese (di origine ebraica) trascorrerà la sua vita alla ricerca della verità, spostando la sua attenzione da un tema all’altro, apparentemente scollegati tra loro, rinchiusi in realtà in quell’unico oceano mare che è la vita stessa: religione, amore, sesso, depressione e isolamento, morte e molto altro.

Tra i tanti capolavori spicca A Thousand kisses deep, frutto di lunghe riflessioni e conseguenti epifanie, che trae spunto da un precedente componimento dell’autore del ’98 (For Those Who Greeted Me). Come lo stesso Cohen dichiara, la realizzazione del testo ha comportato giorni e giorni di scrittura e meditazione, alla ricerca di un flusso di idee coerente, esprimibile con le giuste parole e rime. Si tratta di un brano dalla musica semplice e ripetitiva, per dare spazio ad un testo intriso di simbolismo, volto a riassumere «quel senso di invincibile sconfitta che colpisce tutti».

Traendo spunto dall’identificazione con una persona amata e il successivo distacco da essa, Cohen giunge ad una riflessione più olistica: immerso nella ricerca di una connessione tra la vita auspicata e quella realmente vissuta, egli sostiene l’importanza dell’accettare che si tratti un profondo mistero. Solo così – consapevoli della transitorietà degli eventi – sarà possibile abbandonare il capolavoro che si è sognato, per sprofondare in un’opera più autentica: la propria vita [1].

Sebbene l’intero poema del ‘98 non faccia interamente parte della traccia finale (contenuta in Ten New Songs, 2001) Cohen ha distillato nel brano le strofe più rilevanti: «prigionieri del sesso, premiamo contro i limiti del mare: lì ho visto che non era rimasto più nessun Oceano per avvoltoi come me. Sono riuscito ad arrivare sul ponte di comando, ho benedetto ciò che restava della nostra flotta e poi ho accettato di venire affondato, nel fondo di un migliaio di baci».

Questi versi esprimono un importante aspetto di due diversi elementi chiave del brano: l’immagine “a mille baci di profondità” e “Boogie Street”. Quest’ultima (realmente esistente a Singapore) rappresenta la ‘via dei piaceri perduti’, simbolo dell’inganno della vita, con le sue tentazioni e disillusioni, svelate agli occhi di chi invecchia. Boogie Street è posta in contrasto con il vero Oceano: il luogo della riflessione razionale, unito alla nostalgia per il passato. Il numero indicato, 2000, è infatti simbolo dell’accumularsi dei ricordi. Quando l’euforia si dissolve, l’uomo torna ad una sobria contemplazione del proprio vissuto, a volte doloroso ma non meno bello e perfettibile [2], per dare in qualche modo un senso al mare di esperienze vissute e che restano ancora da vivere.

Temi che, con diverse sfumature, si ritrovano anche in altri brani di Cohen come The Traitor (1979): anche qui l’autore percepisce una sorta di fallimento nel non portare a termine una missione a lui affidatagli, per poi capire che il vero incarico risiede nell’avere il coraggio di rimanere innocenti di fronte alle difficoltà del proprio percorso [3]. Come quando si è impegnati a cercare, in un immenso prato di margherite, una rosa rossa, dimenticandosi così dell’importanza del trovare, ovvero non notando la bellezza di tutti gli altri fiori che la circondano.

Eleonora Gioveni


[1] Leonard Cohen – I’m Your Man, documentario
[2] Ibidem
[3] Ibidem

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