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Intorno a Milano: la città vista con gli occhi degli altri

Disegno di Giulia Pedone

Nel corso degli anni la «città più città d’Italia» ha subito varie trasformazioni. In due momenti differenti Giovanni Verga e Giovanni Testori hanno voluto indagare le vicende di ragazzi divenuti, poi, protagonisti di racconti ambientati in una città in continua trasformazione. Oggi quei ragazzi sono anche dei fotografi per «Milano intorno».

Giovanni Verga la considera la «città più città d’Italia», Carlo Emilio Gadda la definisce «la mia svirgolata città» e trent’anni dopo Giovanni Testori la reputa «sconciata. Epperò bellissima». Oggetto di indagine in Ascolta il tuo cuore, città di Alberto Savinio, Milano è da sempre stata argomento principe di molta letteratura, italiana e non. Nonostante le varie etichette definitorie, la città ha tuttavia una fisionomia difficile da definire, «ma la sua identità metropolitana continua a fondarsi sull’eredità di un patrimonio di valori che hanno radici nelle stagioni dell’Illuminismo e del Romanticismo» [1].

Oggi l’immagine di Milano fa subito venire in mente una serie di stereotipi: il quadrilatero della moda con le sfilate, gli eventi mondani, gli aperitivi in terrazza, il divertimento e l’andare sempre di corsa. In sostanza, si ha l’idea di una città nella quale vale la pena vivere, ricca di occasioni e di possibilità di farcela

Tuttavia, Milano è stata anche altro e la letteratura, come sempre, ha provato ad indagarne le varie sfaccettature. Due autori – uno ottocentesco e l’altro pienamente novecentesco – hanno deciso di rendere protagonisti delle loro opere dei veri e propri ragazzi di vita, degli emarginati pronti a tutto per giungere al successo.

Giovanni Verga nel 1883, grazie all’editore Treves, pubblica Per le vie, che comprende dodici racconti di vita cittadina milanese: è forse una tra le opere meno conosciute di Verga che, proprio a Milano, visse per circa un ventennio, pur ritornando frequentemente in Sicilia. Facendo riferimento al titolo è possibile alludere, fin da subito, all’idea di una sorta di vagabondaggio, di movimento senza una meta precisa. La vita di questi sottoproletari milanesi viene vista quasi come un percorso privo di direzione, un itinerario indefinito e senza scopi. Verga decide di studiare e rappresentare un ambiente e un cronotopo ben preciso: quello della milanesità urbana ottocentesca, guardando anche alla campagna come luogo idilliaco, sì, ma confinato tra un passato molto prossimo e un presente ancora forse troppo lontano.

I protagonisti sono uomini e donne appartenenti alle classi più umili, in contrasto con quelle borghesi e aristocratiche. Questi personaggi, però, non sono rappresentati solamente nella loro disperazione, anzi, le vicende sono ben descritte nella loro “gaiezza dolorosa”, un po’ come la «disperata vitalità» di Pasolini, la stessa che pervade le vicende di Testori: ragazzi poveri ma desiderosi di raggiungere il «successo, traguardo supremo di vita» [2]. Forse in Verga quest’ambizione è meno forte cronologicamente rispetto a Testori, dove il boom economico degli anni Sessanta del Novecento ha fatto intravedere, per i ragazzi di periferia, il vero significato di termini come trionfo, affermazione, popolarità e fama.

Come si diceva, il contesto urbano assume un carattere dominante e viene rappresentato con tutte le sue novità:

«Da lontano s’udiva la musica del caffè Gnocchi, e si vedevano illuminate le finestre rotonde del Teatro Dal Verme. Le stelle sembravano tremolare in un azzurro cupo e profondo; qua e là, nel buio dei viali e fra mezzo agli alberi, luccicava una punta di gas, davanti alla quale passavano a due a due delle ombre nere e tacite. Paolo pensava: “Ecco l’ultima sera!”» [3].

Le storie di Per le vie sono scritte con leggerezza; toni lontani, quindi, da quelli drammatici delle novelle di Vita dei campi o di Nedda. Sono storie che nascono in quelli negli «anni milanesi» di Verga e che favorirono, nell’autore nato a Catania nel 1840, quell’attitudine verista che è la cifra della sua arte. Proprio in questi anni Verga entra in contatto con gli scapigliati Arrigo Boito, Giuseppe Giacosa e Salvatore Farina; frequenta i salotti, i teatri e respira l’aria cittadina, la stessa che si ritrova, poi, nella sua raccolta. 

Se Verga, in una lettera, si mostra colpito dalla modernità e da tutte le novità che l’esposizione del 1881 porta con sé, Giovanni Testori, nato esattamente cinquant’anni dopo, mostra fin da subito «la rivendicazione di un senso di appartenenza irriducibile» [4]: «Quando ho detto che sono nato nel 1923, a Novate, cioè a dire alla periferia di Milano, dove da allora ho sempre vissuto e dove spero di poter vivere fino alla fine, ho detto tutto».

Questo sentimento di adesione all’«illustre tradizione lombarda» [5] si traduce, sul piano letterario, nell’ideazione di un ciclo dal titolo I segreti di Milano, pubblicato da Feltrinelli tra il 1958 e il 1961. La prima opera di questa «commedia lombarda», come viene definita dallo stesso Testori, è una raccolta di racconti dal titolo Il ponte della Ghisolfa(Feltrinelli, 1958). 

Se ben settantacinque anni prima Verga raccontava le vicende di emarginati ragazzi milanesi in lotta per la sopravvivenza, nel Novecento con Testori l’osservatorio si sposta in un ambiente nuovo: la periferia ambrosiana degli anni Cinquanta. I protagonisti sono sempre ragazzi di vita, abitanti delle periferie, pronti a tutto – anche al contatto con l’illegalità – per aspirare ad una situazione di benessere che, per loro, è solo un miraggio lontano; qualcosa ammirare con desiderio e, perché no, con invidia. I personaggi de Il ponte della Ghisolfa «sono tutti giovanissimi, operai, baristi, che, in una Milano alle soglie del boom economico, lottano per sopravvivere […]» [6].

Entrambi gli autori, pur nelle differenze, scelgono di dare voce a giovani emarginati che ben rappresentano il popolo. Ecco perché Per le vie Il ponte della Ghisolfa nella loro stessa composizione morfologica sono testi, seppur lontani, molto simili; capaci di indagare una Milano un po’ nascosta e, forse, dimenticata, lontana dall’idea contemporanea, ma pur sempre esistita.

Due grandi autori del passato decidono di rappresentare una città in trasformazione, ma oggi è ancora possibile? La risposta viene data, questa volta, non da scrittori ma da fotografi: è «Milano intorno: giovani sguardi fuori dal centro», a cura di Alessandra Mauro, una mostra fotografica che vuole restituire una visione della vita, delle relazioni e dell’ambiente che contribuisce a fare di Milano una città in movimento, non solo verticale ma anche, e soprattutto, orizzontale; una città che si allarga sempre più, superando confini e barriere, geografiche e non.

La mostra, dal 22 maggio al 23 giugno 2019 per le vie di Milano, è costituita da 122 scatti: sguardi di un’esplorazione condotta da ragazzi che raccontano la città nella quale si sono sentiti accolti; un ambiente ricco di stimoli, variegato e sempre in cambiamento: centro, ovviamente, ma anche luoghi meno conosciuti e più periferici, nuovi quartieri, le pieghe più nascoste, i punti di incontro e di aggregazione. Vuole essere trasmessa l’energia della metropoli che si riflette nei quartieri della città in cui vivono, lavorano e hanno trovato il luogo adatto in cui sentirsi accolti e valorizzati, testimoniando quindi la capacità di Milano di far convivere e dialogare culture, esigenze, ambizioni e desideri. Questa capacità, magari ancora nascosta in Verga e Testori, riesce a confermarsi a pieno solo oggi.

Oltre agli stereotipi che ritraggono Milano come città della moda e della movida , «Milano intorno» restituisce l’immagine della generosità, del «famigerato, maledetto, e, tuttavia, benedettissimo “cuore in mano”» ribadito da Giovanni Testori, e sottolinea come la «città più città d’Italia» sia ancora oggi un’occasione, una possibilità, una metropoli dinamica, in continua trasformazione, ma con la costante caratteristica di far sentire accolti tutti, senza distinzioni, barriere e ostacoli.

Alessandro Crea


[1] G. Rosa, Identità di una metropoliLa letteratura della Milano moderna, Milano, Nino Aragno editore, 2014
[2] V. Spinazzola, A Roserio un delitto senza castigo, in L’egemonia del romanzo, Milano, FAAM., Il Saggiatore, 2007
[3] G. Verga, Tutte le novelle, Torino, Einaudi, 2011
[4] G. Rosa, Il romanzo di una mitologia in crisi: Bontempelli Gadda Testori in Il mito della capitale morale. Identità, speranze e contraddizioni della Milano moderna, Milano, Rizzoli, 2015
[5] A. Arbasino, L’anonimo lombardo, Milano, Adelphi, 1996
[6] Si cita dalla quarta di copertina de Il ponte della Ghisolfa, Milano, Feltrinelli, 2013

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