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La magia e la superstizione dei Tarocchi

Fotografia di Filippo Ilderico

Carte con immagini simboliche, i Tarocchi custodiscono le energie primordiali dell’esistenza e le riportano all’uomo, attraverso la lettura dei segni e del futuro della persona.

La divinazione, ossia l’arte d’indovinare il futuro da segni esterni come Tarocchi o altro, era una pratica molto diffusa, soprattutto nell’antichità. Un esempio era la lettura delle viscere degli uccelli praticata a Roma dai sacerdoti.

L’attaccamento dell’uomo a queste pratiche è forte: l’uomo da sempre tende a voler anticipare il suo futuro in modo da poter essere tranquillizzato sul senso di ignoto che esso provoca.

L’arte del divinare nascerebbe dal sistema di corrispondenze rappresentato dai simboli insiti nei Tarocchi come veicoli delle relazioni intercorrenti tra l’anima dell’uomo e l’anima universale, tra la nostra psiche e l’inconscio collettivo. La divinazione, fenomeno culturale di natura religiosa, presuppone una precisa volontà divinatoria che si esercita secondo una tecnica consapevole.

Varie fonti di diverse culture testimoniano l’origine dei Tarocchi: tra queste la cultura cinese, che per la maggior parte ha ispirato i Tarocchi italiani che si conoscono tuttora.

Nell’India del V secolo d.C. era diffuso un gioco chiamato Ashtapada (chiamato poi Chaturanga), connesso agli scacchi. Le illustrazioni raffigurano immagini umane ed incarnazioni delle molte divinità indiane tra cui Vishnù, uno dei componenti della trinità indiana. L’etimologia della parola “tarocco” sarebbe collegata a “tarot”, “Tantra”, una tecnica mistica indiana volta a trovare un contatto con la divinità per raggiungere l’armonia con tutto il creato. In ebraico, invece, si fa risalire il termine “tarocco” a rota, la “ruota”, da cui “tarot” e anche “Torà”. Importanti, nella cultura ebraica, erano infine le medaglie e i talismani, che si ritrovano nelle profezie di Ezechiele e di San Giovanni. Le clavicole, o piccole chiavi di Salomone, sono trentasei talismani che recano sessantadue sigilli analoghi alle figure geroglifiche dei Tarocchi, di cui si legge nel testo Sepher Jézirah attribuito ad Abramo.

Secondo alcuni studiosi, i simboli riportati in alcune carte dei Tarocchi richiamano gli ideogrammi egizi e in particolare il Libro di Thot. Grazie ai nomadi che nel XV secolo migrarono i Tarocchi vennero esportati in Europa. Si hanno dei riscontri storici provenienti sia dall’India, sia dal Nord Africa.

In Occidente, si pensa che le carte da gioco siano nate a Bologna per mano di Francesco Antelminelli Castracani Fibbia. Ancora oggi, questo gioco rimane un mistero. L’unica certezza è che i Tarocchi trovano il loro massimo splendore in Europa, tra la fine del Medioevo e il Rinascimento.

Nel 1424 Filippo Maria Visconti, duca di Milano, commissiona uno dei più importanti mazzi di Tarocchi italiani, per festeggiare la nascita del figlio, ispirandosi alle sedici divinità del pantheon. Ma il destino mescolò le carte: quando nacque il figlio, il sesso era femminile e ciò comportò la modifica del simbolismo delle singole carte. Dal 1420 al 1429 apparvero le prime leggi per regolare il gioco delle carte a Milano e a Firenze. I centri di interesse più importanti furono Bologna, il Piemonte, dove venne sviluppato il Tarocco Piemontese, Ferrara, dove si attesta in un documento la nascita dei Tarocchi in Italia, e Siena, dove si predicava contro l’uso dei Tarocchi e si diffuse la struttura del mazzo 4×14 carte numerate.

Leila Ghoreifi

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