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Gaspar Noè: l’ebbrezza nell’immortalità

Fotografia di Filippo Ilderico

Enter the void è un film del 2009 scritto e diretto da Gaspar Noé. In quest’opera lunga oltre due ore, l’autore argentino catapulta i propri spettatori nell’aldilà, attraverso l’anima di Oscar, un giovane spacciatore che viene ucciso dalla polizia all’inizio del film.

Il regista franco-argentino, già conosciuto per il suo stile trasgressivo e scandaloso grazie al precedente lungometraggio Irréversible, stupisce ancora il suo pubblico con una pellicola vibrante, psichedelica, viva. La tecnica della ripresa soggettiva è protagonista in questo film, in cui lo spettatore è obbligato a identificarsi con un’anima vagante che segue dall’alto le vicende passate e future dei propri cari

L’anima è quella di Oscar (Nathaniel Brown), un ragazzo che vive a Tokyo con la sorella Linda (Paz de la Huerta) e che fa lo spacciatore per guadagnarsi da vivere. All’inizio del film Oscar viene chiamato da un vecchio amico che gli chiede di portargli della droga in un locale chiamato Void; l’invito risulta poi essere una trappola della polizia che spara al ragazzo, uccidendolo. Da quel momento la camera di Noé ci accompagna nella visione di Oscar che esce dal proprio corpo e nel suo viaggio fino alla reincarnazione in un nuovo corpo, l’embrione nel ventre della sorella Linda. 

L’ambientazione è una Tokyo perennemente notturna, caratterizzata da luci psichedeliche, quasi caleidoscopiche, come se fosse vista dal protagonista sotto l’effetto della DMT, una droga enteogena di cui ha fatto uso poco prima di morire. Lo spirito del ragazzo viaggia in modo confusionario tra presente, passato e futuro. Il viaggio di Oscar viene messo in pratica dal regista attraverso tre tipi di ripresa soggettiva: quella classica, la semi-soggettiva e quella che viene chiamata da Noé soggettiva astrale. Nella prima lo spettatore vede esattamente quello che vede Oscar -compreso di battiti di ciglia-; nella seconda chi guarda il film si trova a seguire il ragazzo a pochi passi di distanza dietro di lui; la terza tipologia riguarda tutte le riprese in cui lo spettatore ha la sensazione di volare, passare attraverso oggetti e corpi, proprio come farebbe uno spirito privo di materia.

Un altro elemento fondamentale del film è la parola “void” , che potrebbe celare, dietro la sua semplicità, la filosofia di vita del regista, in cui il vuoto potrebbe essere identificabile con la vita, un contenitore che viene dato all’essere umano nel momento in cui viene concepito e che deve essere riempito di esperienze, emozioni e pensieri. Nel caso del protagonista, l’ebbrezza e l’uso di stupefacenti sembrano essere i modi più usati per riempire il suo vuoto, pratiche che si potrebbero ricollegare al trauma infantile della morte dei genitori, vissuta in prima persona insieme alla sorella.

Il tema della morte è un elemento che suscita curiosità nell’ancora vivo Oscar, che nei primi minuti del film mostra a Linda il libro che sta leggendo: Bardo Thodol o il Libro tibetano dei morti. Il libro buddhista descrive il bar-do, ovvero il momento di transizione dalla morte alla rinascita, e propone delle istruzioni per raggiungere la liberazione che secondo questa cultura si manifesta con un improvviso lampo di luce. Il Bardo Thodol è uno scritto che si rifà alle capacità percettive che servono all’essere umano per superare la condizione intermedia in cui si vaga dopo la morte. Le sensazioni e le modalità del viaggio extra-corporeo descritto dal libro sono le stesse che si ritrovano nel film. Le luci, i ricordi, la non-fisicità dell’anima del ragazzo che vola sopra Tokyo attraversando muri e corpi: i sensi visivo e uditivo sono come ampliati dalle percezioni dello spirito.

D’altra parte, ciò che vede Oscar dopo la morte potrebbe essere paragonato a delle allucinazioni provocate da droghe enteogene, che vengono usate per vivere esperienze mistiche e spirituali. Si potrebbe, quindi, supporre che il viaggio del ragazzo non sia quello che nel libro tibetano viene chiamato bar-do, ma una potente e lunga allucinazione data dalla DMT che il protagonista fuma all’inizio del film, prima di uscire di casa ed essere ucciso, o prima di sognarlo.

Elena Marras

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