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Monte pellegrino: la montagna sacra

Fotografia di Giorgia Ciuffini
Fotografia di Giorgia Ciuffini

Andate a Palermo per mare, e vi accorgerete se arrivate in un paese qualsiasi. Le montagne che fanno corona alla città appaiono splendide, come d’agata, e Monte Pellegrino come un meraviglioso spalto naturale” [1].

Monte Pellegrino è un promontorio molto caro ai cittadini palermitani che, ormai da molti secoli, è considerato sacro: meta di tanti pellegrini, è un luogo  di culto per chi professa la religione cristiana e non solo, nonché punto panoramico che permette di vedere da un lato la Palermo del centro storico, dall’altro le acque dell’Addaura e il noto golfo di Mondello.

Dal Settecento in poi esso ha lasciato incantati una serie di pittori e scrittori che hanno visitato la Sicilia. È infatti proprio a partire dal XVIII secolo, quando nasce e si sviluppa la moda del grand tour, che l’isola viene scoperta come gettonata meta turistica e viene resa oggetto di numerosi diari e quadri di viaggio. Tra le testimonianze del fascino che monte Pellegrino esercitava sui turisti, spiccano quella di Berenson che scrive “Siamo andati sul monte Pellegrino durante una splendida mattinata, e ci siamo sentiti tristi al pensiero di lasciare così grandiosa e impareggiabile bellezza. Se soltanto uno potesse impadronirsene e serbarla entro di sé, sarebbe un dio” [2] e, ancor di più, quella di Goethe, che lo definisce “il più bel promontorio del mondo” [3].

Già a partire dalle religioni precristiane, monte Pellegrino era considerato una sorta di tempio in pietra per il culto del dio Kronos, di origine cartaginese; in seguito vi fu eretta dai Fenici un’edicola dedicata al culto della loro dea della fertilità, Tanit. Ad oggi, per i tamil è un luogo sacro corrispondente al Kataragama in Sri Lanka, e per i cristiani, è legato alla venerazione della “santuzza”, Santa Rosalia, patrona di Palermo.

È infatti proprio a monte Pellegrino che sono conservate, in una grotta divenuta da quel momento un santuario, le ossa della santa, ossa che, portate in processione nel 1625, si dice abbiano salvato i palermitani dalla peste. È a partire da quell’evento che a Palermo si celebra la festa di santa Rosalia, che si svolge il 14 e 15 Luglio ma anche il 4 settembre, giornata in cui i devoti fanno la cosiddetta “acchianata”, ovvero si recano a piedi presso il santuario sulla vetta del monte per poter rivolgere alla santa le proprie preghiere. La facciata seicentesca del santuario, incorniciata dai monti e dalle frasche, è stata raffigurata in un’incisione realizzata per il volume di Jean-Claude-Richard de Saint-Non, Voyage pittoresque ou description des Royaumes de Naples et de Sicile Paris 1781-1786.

Tantissime sono le tele che mostrano la veduta da Monte Pellegrino, presso cui è possibile abbracciare con gli occhi gran parte della città, e ancora numerose sono le opere raffiguranti il promontorio stesso, considerato un simbolo della città di Palermo. Tra le opere più famose vi sono quelle realizzate da due noti pittori paesaggisti siciliani dell’Ottocento: Francesco Lojacono e Michele Catti. Entrambi raffiguravano spesso il lato sudorientale del golfo palermitano con, in primo piano, il mare e gli scogli, in secondo piano, il promontorio nella sua interezza.

Lojacono lavora a Napoli e a Palermo ma la sua fama diviene internazionale. È soprannominato “ladro del sole” per la sua capacità di rendere la luce: egli è infatti capace di creare atmosfere molto suggestive, di dare ai volumi grande plasticità e di creare tinteggiature molto precise e realistiche. L’aderenza al soggetto che riesce a rendere Lojacono a Palermo non aveva avuto precedenti; inoltre, e non a caso, egli è uno dei primi ad utilizzare la fotografia come ausilio per la realizzazione dei suoi dipinti. Tra questi Veduta del golfo di Palermo dalla Bandita (1870) e la Veduta di Palermo da santa Maria di Gesù (1875) raffiguranti entrambi Palermo e monte Pellegrino, il primo secondo l’angolazione sopra citata, il secondo a partire dalla campagna di monte Grifone.

Anche Michele Catti, allievo di Lojacono, è un paesaggista palermitano. Le sue tele, di manifesta influenza impressionista, sono più malinconiche e fanno quindi da specchio a quella che era la personalità dell’artista, uomo cupo e dal carattere riservato. Soggetto prediletto dell’artista è la Sicilia: egli spazia tra temi paesaggistici e storici e più d’una tela raffigura proprio monte Pellegrino all’orizzonte. Ne è un esempio Monte pellegrino con barca e pescatoridi collezione privata.

In conclusione, citando un’opera più attuale, cinematografica, che colpisce per il messaggio che porta e che risulta assolutamente attinente al tema affrontato: si tratta del film Pellegrino, portato nel 2017 al Biografilm Festival a Bologna, e realizzato da Ruben Monterosso e Federico Savonitto, due ragazzi diplomatisi al centro sperimentale di cinematografia a Palermo. Si tratta di un film che fa riflettere sulla capacità della gente di convivere nonostante le differenze (cosa di cui la Sicilia, soprattutto nel periodo arabo normanno, è un valido esempio) e si chiama “Pellegrino” proprio perché, a detta di Savonitto, “è come se la montagna sacra fosse un punto di connessione tra Palermo e il resto del mondo” [4].

Marta Casuccio


[1] Ernesto di Lorenzo, Brandi. Cento anni di Sicilia, la Repubblica, 8 aprile 2006.
[2] B. Berenson, Viaggio in Sicilia, 1955, Electa ed.
[3] W. Goethe, Viaggio in Sicilia, 2015, Libri Mediterranei
[4] https://www.corriere.it/bello-italia/notizie/palermo-sacralita-pace-piedi-pellegrino-510ce460-4f8e-11e7-b3da-d63487cd15a9.shtml

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